Autoritratto

A Genova sono venuto al mondo (probabilmente l’11 novembre 1958) e sono nato il 30 agosto 1959, all’una di notte. Mia madre, durante la gravidanza, aveva voglia di fagioli cannellini, cavolo nero e gelato; mi ha dato il nome di un noto attore di quel tempo.
In seguito ho giocato, studiato, lavorato, amato, fatto e subìto quello che capita un po’ a tutti di fare e subire. Ho cambiato casa 6 volte, mai a più di un’ora di auto da Genova, e oggi abito in un piccolo borgo di montagna posto dietro la sua nuca. Ho concluso percorsi di istruzione universitaria, ma se ci penso bene mi sono formato per lo più da autodidatta, nel bene e nel male. Sono papà dall’84, e mio figlio si chiama Lorenzo, come mio padre. Nonno di Carolina dal 2023. Ho un impiego in tempo parziale nella direzione Cultura del Comune dio Genova., Con Esther condivido la casa, il tempo, il pane e le rose, e curo una piccola casa editoriale. Ogni anno compilo lunari per contadini.

Detesto le volgarità e l’uso osceno della parola, l’insulto, il pettegolezzo, le spiritosaggini, i doppisensi, la denigrazione, la discriminazione di chi è intollerante e, ancora di più, di chi è tollerante e se ne compiace. Ho profondo rispetto per chiunque professi una fede, qualunque fede, con convinzione, con discrezione, senza denigrare, senza svalutare, senza irridere quella degli altri, né chi o cosa la rappresenti. E detesto i moralisti, le persone ossessionate dalla purezza e dai divieti, quelle che affliggono gli altri con la loro coerenza e il culto delle regole, ma anche i tristi e gli arrabbiati che predicano mondi nuovi, i bacchettoni che amano puntualizzare, i rigidi che sparlano di amore, quelli che amano dire “sì, ma” o “sì, però” e chi perverte le idee in ideologie e le considera più importanti e reali delle persone.

Non mi piacciono le etichette, i titoli accademici, le collocazioni, gli schieramenti, le trincee, gli ismi, gli inni e le bandiere. Sono un matriota, per nulla disinteressato a cosa mi accade intorno, né indifferente alle differenze.

“La mia casa è piccola, la mia vita è breve e la mia misura è quella dell’uomo. Senza amarezza e senza ira, ubbidendo semplicemente alle esigenze della vita e della mia responsabilità verso la vita, io volto le spalle alla vita intesa come puro divertimento e vivo come ritengo giusto”. [Pavel A. Florenskij]

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